It takes a nation to protect the nation
Emma di 13 anni era una bimba felice che veniva da una famiglia amabile, quando una banda di ragazzi che ha incontrato ad un centro commerciale l’ha presentata ad un uomo carismatico più grande. Lui l’ha sedotta con regali e aperitivi … poi l’ha stuprata e l’ha forzata nella prostituzione. Ora ha 20 anni e si nasconde dalla banda. Emma parla candidamente di come è stata iniziata – e di come sta cercando di aiutare il crescente numero di altre adolescenti che vengono selezionate per un fato simile.
Di Peter Stanford – domenica 31 gennaio 2010
Illustrazione di Shonagh Rae
Emma Jackson ha un modo di riferirsi alla sè stessa più giovane che fa sembrare la sua adolescenza lontana di decenni. “Mia madre è la mia migliore amica”, riflette ad un punto del discorso. “Ora sono più grande e sono molto felice di ciò, ma quando avevo 13 anni vedevo le cose diversamente. Ero molto più giovane e non volevo affatto mia madre. Volevo solo I miei amici”.
Il passato suona così lontano che ho dovuto rammentare a me stesso che Emma ha ancora solo 20 anni. La transizione dalla fanciullezza all’inizio dell’adultità può essere veloce e raramente avviene in modo liscio come l’olio e senza dolore, ma l’esagerazione del senso abissale fra “prima” e “dopo” praticato da Emma è stato causato da qualcosa di molto più traumatico di una regolare ribellione adolescenziale. Poiché gli amici che cercava così assiduamente a 13 anni fuori da un centro commerciale vicino a casa, a Yorkshire, si sono rivelati non essere affatto amici, ma una banda di criminali ben organizzata, che usava ragazzi adolescenti come richiamo per permettere loro di iniziare giovani e ingenue ragazze come Emma, ad una vita di prostituzione. [1]
Dal punto di vista avvantaggiato dell’adultità, lei può ora distinguere il modo terribile in cui l’hanno trattata, ma a quel momento tutto le sembrava spontaneo – e, dapprima, eccitante. Attraverso loro, lei è stata presentata ad un loro amico più grande, ed infine, lentamente ed impercettibilmente, come ce lo racconta, condotta fra le braccia di uno che sembrava un affascinante corteggiatore, chiamato Tarik.
Per un po’ Tarik era tutto passaggi con la sua utilitaria, regali ed aperitivi, sigarette e droghe, che lui la incoraggiava ad assaggiare perché, lui la rassicurava, lei era grande abbastanza, indipentemente da quello che i suoi genitori le dicevano. Poi dall’oggi al domani è cambiato, stuprandola. Una volta che aveva affermato il suo “totale controllo” su di lei tramite la sua violenza, lei è rimasta così confusa da quello che era accaduto e terrificata dalla sue minacce, che ha lasciato che lui la vendesse per sesso ai suoi clienti maschi di mezza età.
“Non ho mai pensato a me stessa come ad una prostituta”, riflette lei, con una voce dai piedi per terra, che la fa sembrare stranamente distante, mentre racconta della sua propria sofferenza. “Poiché nel mio mondo di bambina, la prostituta era quella che camminava per strada, indossando gonne corte e tacchi alti, ed io non stavo facendo niente di simile. È solo ora che posso vedere ciò, perché allora volevo credere che Tarik avesse dei sentimenti per me, mentre lui non ne aveva affatto, eccetto che quelli utili per far soldi tramite me”.
Il Caso di Emma non è isolato – ed è perciò che ha deciso di rivivere il dolore. C’è un accumulo di prove che segnalano un aumento del probleme con lo sfruttamento sessuale a fini criminali di adolescenti, sia ragazze che ragazzi. Barnardo ha recentemente prodotto un rapporto “Il bambino di chi?” che avvisa che bambini di 10 anni vengono “lavati di cervello” e poi sfruttati sessualmente da bande in modo simile a quanto è accaduto ad Emma. Stima, sulla base del lavoro fatto da un’istituto caritatevole di Londra, che 1’000 bambini nella sola capitale sono a rischio di sfruttamento sessuale in questo modo.
È difficile rappresentarsi l’intero problema britannico. Una ragione è che ciò che è accaduto ad Emma spesso convoglia con le attività delle bande che trafficano lavoratori sessuali in Gran Bretagna, per l’industria del sesso, oppure con l’uso di Internet da parte di pedofili, che addescano adolescenti credulone in cerca di un fidanzato. Entrambi questi ultimi gruppi sono stati presi di mira dalla polizia nei tempi recenti, ma le prede nate in Gran Bretagna e quelle basate in Gran Bretagna hanno ricevuto meno attenzione.
Un altro fattore complicamente è che si assume – pure nel rapporto di Barnardo – che le vittime più giovani a rischio di questa attività criminale vengano da famiglie disfunzionali, o che facciano parte degli stimati 80’000 casi di 16enni che scappano da casa ogni anni. Emma è soprattutto ansiosa di dissipare questa impressione. La sua voce diventa quasi stirdente. “Sì, ci sono probabilmente molte ragazze da famiglie distrutte che vengono coinvolte, o che sono sotto curatela, ma quando si guarda all’intera situazione, è pieno di ragazze che non lo sono. Le bande sanno che se prendono ragazze da buone famiglie, loro saranno probabilmente più ingenue, non come le ragazze di strada che sono state messe sotto curatela. E poiché sei ingenua, sei più fiduciosa, sei più facilmente impressionabile. Loro amano ciò. Ti rende più facile da controllare. Prenderebbero chiunque – figli di dottori, di avvocati – chiunque”.
Emma ha avuto – dice – un’infanzia molto felice. “Penso a papà era sempre modesto, affidabile. Se mi ammalavo da piccolina, era sempre papà che volevo. Mamma era sempre gentile ed amabile, ci proteggeva ed incoraggiava. La casa era sempre confortevole, c’era cibo in tabole, avevamo bei vestiti.”
A questo punto dell’intervista, sarebbe abituale descrivere la persona che parla ed il luogo in cui si parla, ma Emma non può essere identificata in questo modo. Lei si sta ancora nascondendo dalla banda che ha abusato di lei. I suoi genitori hanno lasciato I loro affari – gestivano un negozio locale – e si sono trasferiti in una nuova zona. Emma Jackson è uno pseudonimo.
Ha ancora paura della banda che la sta cercando? “In un certo modo sì …” e poi fa una pausa. “Ed in un certo modo no”, continua. “Sono i bambini quelli che intimidiscono, non donne adulte, e io sono una donna adulta ora. Così, sì, posso stare davanti a loro se vengono davanti alla mia porta, ma non è realmente questo il problema. Non voglio essere riconosciuta, per il resto della mia vita, come la ragazza che è stata abusata. Non è vergogna. So che non è stato il mio errore – sebbene per tanto tempo ho pensato che lo fosse. È solo che non voglio essere etichettata di vittima. Sono determinata a non diventare una vittima”.
È stato subito dopo il 13esimo compleanno che Emma è andata un sabato, con un’amica di scuola Joanne, e qualche altro compagno di classe, in un centro commerciale nella città vicina. “Nessuna di noi ragazze voleva ciò che si chiama un fidanzato”, spiega, ricordando l’innocenza della spedizione, “sebbene ci fossero molte discussioni a scuola su chi frequentava chi, questo genere di cose”.
Comunque Joanne sembra poter già essere stata presa di mira dalla banda ed è stata convinta a presentare Emma a Niv e Jay, due ragazzi che aveva già incontrato là. “Ho realizzato che questa era la prima volta che parlavo ad un ragazzo asiatico. Ciò di cui sono stata consapevole, immediatamente, è di che bell’aspetto avesse. Ciò mi ha veramente impressionato”.
Si è sviluppata una relazione. Le ragazze sarebbero andate in città in bus, per incontrare Niv e Jay, di domenica, poi anche durante alcune sere a settimana. I genitori di Emma lavoravano fino a tardi nel loro negozio, e da quando il fratello maggiore si era trasferito per frequentare il college, lei aveva più libertà di stare fuori la sera – come ha sprovvedutamente raccontato ai suoi nuovi amici. “Guardando indietro”, riflette, “il mio assetto familiare è stato perfetto per rendermi più vulnerabile. Non pensate nemmeno un minuto che biasimo mamma e papà per aver lavorato così duramente. È solo che era semplice per me raccontare bugie, per far creder loro una cosa per un’altra. Nessuna sorpresa che i cattivi ragazzi volessero sapere tutto sulla mia famiglia”.
A questo punto, lei non sapeva che fossero cattivi. Pensava che fossero genuinamente interessati a lei. Il fatto che loro raccontassero così poco di loro stessi in cambio, non ha fatto suonare alcun campanello d’allarme, e così Niv e Jay hanno iniziato a presentarla al loro amico asiatico più anziano. “Sono molto intelligenti. Prendono i più giovani perché ti parlino dapprima. Sanno che ti è stato insegnato, se vieni da una famiglia decente, di non parlare agli sconociuti, specialmente uomini più grandi, ma che tu parlerai a ragazzi appena poco più grandi di te”.
Ed infine, è arrivaot Tarik. “Amavo la sua confidenzialità – era una tranquilla confidenzialità, che impressiona di più di quella gridata ai quattro venti. E sì, devono dire che vedere altra gente che lo ammirava, lo ha galvanizzato ai miei occhi ancora di più. C’era una solta di potere in ciò”.
Altri, fra gli amici di Emma, sentivano questo potere, ma erano saggi a sufficienza per riconoscerlo come maligno. Le non l’ha fatto, ed ha ignorato chi la metteva in guardia da lui. “Suppongo che mi sentissi differente. Altre ragazze della mia classe uscivano con ragazzi di 14 anni, ma io viaggiavo su un’utilitaria con degli uomini. Sentivo che la mia vita era più eccitante. Migliore. È così che essi sono entrati nella mia mente”.
Tarik cominciava a coinvolgerla – chiedendole di compiere commissioni speciapli per lui, e lodandola di fronte al gruppo, persino incoraggiandola a ribellarsi contro le aspettative dei genitori che volevano che lei lavorasse saltuariamente, di sera, nel loro negozio. “Ti insegnano a mentire e ad ingannare”, ricorda. “Diventa normale”. E poi, quando stava riportandola a casa, l’ha assalita.
Il racconto di Emma sull’organizzazione dello stupro è sia struggente e convincente in ogni dettaglio. Mi fa capire, mentre parla, come fosse stata condotta in quella situazione. Combatto sul fatto che sia incomprensibile come, giorni dopo lo stupro, lei sia tornata ad incontrare ancora Tarik. Sicuramente, avrebbe dovuto imparare – nel modo più terribile – che non era un uomo di cui si potesse fidare. Forse non riusciva semplicemente a raccontare ai suoi genitori cosa fosse accaduto, ma non ci sarebbe dovuto essere qualche istinto che la fermasse dal mettersi in pericolo di nuovo, o che la spronasse a cercare aiuto presso altri adulti responsabili della sua vita, specilamente quando Tarik ha iniziato a venderla ad altri uomini?
"Loro ti isolano”, spiega, “mi sentivo così isolata da chiunque attorno a me. Credevo che non ci fosse nessuno a cui potessi raccontarlo. Mi avevano convinto che la banda erano le uniche persone che avevo. Mi ricordo che a quel momento volevo qualcuno che notasse che ero cambiata. I miei voti a scuola erano andati da ottimi a buoni a insufficienti. Desideravo qualcuno che mi chiedesse cosa stesse accadendo, se ci fosse un problema, ed allora avrei raccontato tutto, ma finché qualcuno non me lo avesse chiesto, mi sentivo che non potevo dirlo. Questo è il punto fino al quale mi controllavano”.
E poi c’erano le minacce. “Dicevano che se avessi mai detto a qualcuno cosa stesse accadendo essi avrebbero bombardato a fuoco la mia casa, avrebbero stuprato mia madre e mi avrebbero fatto guardare. Tarik mi faceva sentire un verme, o lo sporco sulle sue scarpe. Ciò è quello che sono, pensavo, lo sporco sulle sue scarpe”.
È andata avanti così per diversi mesi. “Volevo che ciò finisse, naturalmente lo volevo”, dice Emma, “ma da come la vedo ora è che ad un adulto che vive in una relazione abusiva ci vogliono anni prima di trovare il coraggio di scappare, ed io avevo solo 13 anni ed ero abusata mentalmente, fisicamente e sessualmente. Come potevo avere il coraggio di andarmene?”
Infine, sua madre l’ha scoperto. I vicini hanno iniziato a riportare di uomini asiatici che giravano in auto attorno al complesso residenziale dove viveva, con sguardo minaccioso. Poi un giorno Emma ha lasciato il suo telefonino sul tavolo della cucina. Ha suonato e sua madre ha risposto. La voce dell’uomo dall’altra parte l’ha preoccupata, così ha controllato i messaggi di sua figlia. Capendo che c’era qualcosa che non andava – ma non l’intero orrore di cui si trattava – i suoi genitori hanno fatto sedere Emma e le hanno chiesto cosa stesse accadendo, ed è venuto fuori tutto. “Non dimenticherò mai l’espressione sul viso di mio papà. È come se fosse stato fulminato, il suo mondo si frantumava. Poi il mio grande e muscoloso papà si è inginocchiato accando a me, mi ha abbracciata, ripetendo il mio nome ancora e ancora, con la voce spezzata, distrutto dalle lacrime”.
È stata chiamata la polizia, sono state prese le dichiarazioni, sono stati condotto esami medici – Emma si considera fortunata di non essere rimasta incinta o di non aver preso una malattia sessualmente trasmissibile, poiché gli uomini non hanno mai usato preservativi. Tarik è stato arrestato ma ha negato ogni cosa. Emma era un’adolescente interessata a lui, e che si inventava favole su di lui, per punirlo in quanto lui non era interessato a lei – ha detto lui alla polizia.
È stato pianificato un proseguimento ma poi Joanne ha ritrattato le dichiarazioni che ha fatto in supporto di Emma. Lei era là quando la sua amica è stata stuprata la prima volta. C’erano un’infinità di minacce sortite dalla banda, così Emma accetta semplicemente che Joanne fosse troppo spaventata. Che l’ha lasciata con la sua parola contro quella di Tarik. Il caso non è mai stato portato in tribunale.
“Non me ne pento”, dice ora. “A quel tempo ero in pericolo. Credo che fosse la cosa giusta da fare per me e per la mia famiglia. Ed ho trovato una conclusione diversa – aiutare a salvare altre ragazze dal trovarsi nella mia posizione”.
La famiglia di Emma è stata locata in Grecia per un po’, ma ha trovato difficoltà a costruirsi una nuova vita là, dopo tutto quello che era successo – troppo. Infine sono tornati da un’altra parte d’Inghilterra. I suoi genitori lavorano, dice, ma strettamente dalle nove alle cinque e non nella loro azienda privata. Essi vogliono essere presenti e, ammette, lei continua ad appoggiarsi a loro. “Sono molto protettivi, ma mi piace. Mi piace che decidano le cose per me, persiono se è un po’ infantile. Così loro sono quelli che, per esempio, mi hanno aiutato a compilare tutti i formulari per andare al college.”
Emma ha redatto il suo curriculum vitae e pianifica una carriera in diritto. Forensica, in particolare, è quello che le interessa. Pochi dei suoi compagni studenti porteranno con loro una conoscenza così dettagliata del funzionamento – e degli effetti – della legge, come la sua. In questo senso lei lavora anche con il Gruppo CROP – Coalizione per la Rimozione dei Magnaccia -, basato a Leeds, che è stato fondato dalle famiglie di coloro che sono stati toccati dallo sfruttatamento sessuale dei giovanissimi. Emma dà lezioni ai genitori che affrontano lo stesso orrore che ha affrontato lei un tempo, e punta per più risorse di polizia che siano dirette a intercettare bande come quella che l’ha coinvolta.
In un progetto pilota a Blackburn nel Lancashire, un gruppo di polizia e organizzazioni caritatevoli stanno lavorando in questo campo e ha condotto, sul periodo di tre mesi, a 60 accuse di rapimento di bambini, stupro e attività sessuali con minori. Hanno pure prodotto un film da mostrare ai bambini di scuola media. “Credo che ci sia bisogno di molto di più di ciò – avvisarli quando hanno 13 anni e sono così ingenui e fiduciosi, di quel che può accadere. E c’è il bisogno di più proseguimenti. Tarik credeva di essere più forte della legge.”
Mentre le bande coinvolte stanno coinvolgendo giovanissimi da ogni tipo di estrazione sociale, Emma crede, sulla base della sua propria esperienza, che c’era qualcosa nella cultura della seconda e terza generazione di uomini dal sub-continente indiano, che li conduceva in simili attività. “Le ragazze bianche sono classificate come inferiori”, lei dice. “Questi uomini classificano le donne come inferiori comunque, ma le donne bianche sono comunque ancora più inferiori. E nella loro tradizione, le ragazze diventano donne a 12 anni, così forse essi non pensano che stessero facendomi qualcosa di sbagliato”.
Quale parte della campagna di sensibilizzazione, Emma sta ora pubblicando un memoir – The End of my World (La Fine del mio Mondo). Deve essere stato doloroso ripercorrere tutto ciò che le era accaduto. “Bene, lo stavo già facendo con dei terapisti e psichiatri, e quando parlavo per il CROP – ma ho scritto il libro perché ho sentito di essere al punto di dovermi muovere oltre, e mi ha aiutato farlo”.
E che dire di Tarik? Lei pensa a lungo prima di rispondere. “Non posso dire di odiarlo. Al limite lo compatisco. Sento che non prospererà mai nella vita. Sarà sempre una persona cattiva”.
'The End of My World', di Emma Jackson, viene pubblicato giovedì da Ebury Press, prezzo £6.99. Per più informazioni sul CROP, visitare cropuk.org.uk
Fonte: http://www.independent.co.uk/news/uk/crime/they-like-us-naive-how-t...
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