It takes a nation to protect the nation
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Tag: Infedeli, Islam, Kafir, Mondo, Politica, Sharia, Storia
II. Parte, D
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II. Una Lezione da Humpty-Dumpty (sezione D)
In Iran, gli Americani non capirono mai la persistenza. la stabilità e il significato dell’Islam. Come avrebbero potuto? Hanno giudicato un paese in base ai membri dell'élite occidentalizzata della classe dirigente che avevano incontrato e prestarono fede alle assicurazioni che ricevettero da loro. Jimmy Carter brindò allo Scià come a "un pilastro di stabilità" nel gennaio del 1979, lo stesso anno in cui lo Scià fu abbattuto e sostituito dall’ayatollah Khomeini. E lui, e Brzezinski, inviarono una lettera all’ayatollah, "da un uomo di fede a uomo di fede." Pur con tutte le sue manie di grandezza, e il suo ruolo nella quadruplicazione dei prezzi dell'Opec, lo Shah era quanto di meglio era disponibile per gestire l’Iran, e certamente il suo atteggiamento verso gli infedeli era benevolo. Ma fu abbattuto; l’Iran ritornò al suo schema musulmano, e nacque la mostruosa Repubblica islamica dell'Iran. Quando quel famoso “pilastro di stabilità" scomparve, altre illusioni si sollevarono col fumo che saliva dall’Ambasciata Americana, mentre i documenti segreti venivano bruciati, per sottrarli alle mani degli "studenti" che stavano per iniziare la loro famosa androlessìa di 444 giorni all’interno della stessa Ambasciata di Teheran.
Per decenni il Pakistan fu il pupillo favorito degli Americani. L'arrogante primo ministro indiano, Jawaharlal Nehru, di cui si diceva che fosse stato influenzato, mentre studiava in Inghilterra, da tutte le persone sbagliate (Beatrice e Sidney Webb, Bertrand Russell), e dal suo saltuario Ministro degli Esteri anti-Americano, Krishna Menon, lasciò freddi gli americani. Quanto più simpatici invece erano quegli impettiti generali Pakistani, senza peli sulla lingua, alcuni dei quali erano andati addirittura a Sandhurst [sede della Reale Accademia Militare, in Gran Bretagna, N.d.T.], e di cui si poteva essere certi che si sarebbero schierati con l'America contro il Comunismo, perché, come tutti sanno, l'Islam è incompatibile con il Comunismo (L'Islam è incompatibile con tutto ciò che non è l'Islam).
Per lungo tempo, agli occhi degli Americani, il Pakistan non poteva fare cose sbagliate. E ripetutamente il Pakistan abusò della fiducia Americana. Nel 1971, per esempio, usò l’equipaggiamento militare Americano per reprimere la rivolta del Pakistan Orientale contro il governo del Pakistan Occidentale. Il Pakistan ha sostenuto a lungo il terrorismo contro l'India, fatto mai denunciato in Occidente. E non ha fatto nulla per impedire la persecuzione continua degli Indù, dei Sikh e dei Cristiani in tutto il paese; gli Indù fuggirono e il livello della popolazione Indù si ridusse costantemente dal 1949. I Pachistani contribuirono a creare i Talebani, e attraverso i Talebani, diedero aiuto e sostegno ad Al-Qaeda, due gruppi che portarono morte e così tanto dolore in Afghanistan. Anche se tutti, adesso, da Musharraf in giù, strabuzzano gli occhi con finta innocenza, i generali Pakistani sapevano, e hanno totalmente appoggiato, le mirabolanti avventure di Abdul Qader Khan.
E dopo l’11 settembre 2001, invece di leggere al Pakistan il “Riot Act (antica legge anti-sommossa, simile alla legge marziale, N.d.T.)” per il suo sostegno ai Talebani e, quindi, ad Al-Qaeda, e minacciare di tagliare gli aiuti, di bloccare le importazioni, e di adoperarsi per provocare il crollo totale dell'economia Pakistana, il governo Americano ha scelto di corrompere ulteriormente il Pakistan. Ci fu la riduzione del debito per miliardi, maggiori aiuti (anche qui, per miliardi) e maggiori forniture militari in cambio della promessa del Pakistan di fare quello che, in ogni caso, avrebbe già dovuto fare, dare la caccia ai membri di Al-Qaeda. Anche questo non sembra aver portato in realtà che a qualche ostentato arresto in più dei soliti sospetti, mentre la stampa e la televisione Pakistane continuano a sbraitare contro gli infedeli e gli Americani miscredenti. Del Pakistan musulmano non ci si può mai fidare. Non siamo loro amici, non importa quanto della nostra generosità si mettano in tasca, e comunque, continuano a chiedere sempre di più.
Questo lascia l'ultimo membro dell’elenco: la Turchia. La Turchia era stabile. La Turchia era affidabile. La Turchia era definitivamente laica. Della Turchia ci si poteva fidare. I Turchi avevano combattuto valorosamente nella Guerra di Corea (e gli era anche avanzato il tempo per condurre la Da’wa [proselitismo, N.d.T.] tra i Coreani). Gli ufficiali Turchi erano persone gradevoli, e andavano perfettamente d’accordo con i loro omologhi Americani. Il Kemalismo era arrivato per rimanere. È vero, nel 1955 ci sono state aggressioni contro i Greco-Ortodossi, dappertutto a Istanbul, ma fu un’anomalia. E’ vero, i Turchi non hanno mai ammesso il “genocidio” degli Armeni - ma forse erano solo a disagio, e avevano bisogno di tempo per escogitare una espressione più adeguata. La Turchia ha offerto basi aeree e sedi di ascolto proprio al confine con l'Unione Sovietica.
Ma la Guerra Fredda è finita, e la Turchia non è così indispensabile come si potrebbe ancora ritenere. Il Kemalismo, stiamo imparando, non è proprio così tanto un dato di fatto acquisito, come una volta siamo stati indotti a credere. Ciò richiede una vigilanza eterna, e non una vigilanza solo temporanea; infatti l’Islam è per sempre. Anche se, come tutti i governi musulmani, quello di Erdogan è felice di estrarre tutto quello che può dalla sua alleanza con gli Americani, assume un atteggiamento molto più ostile verso gli infedeli, e il suo minaccioso comportamento con l'UE, quando la sua candidatura per l’ammissione ha incontrato il suo primo ostacolo, è stato rivelatore. Rivelatore è stato anche l’importante membro dell’establishment politico Turco che ha descritto il trattamento Americano degli Iracheni come "peggiore di quello di Hitler."
Quando fu pianificata l'invasione dell'Iraq, i responsabili della pianificazione chiesero fiduciosi alla Turchia il permesso di usare le basi Turche, da cui lanciare determinati attacchi. Furono sorpresi del plateale e deciso rifiuto. Non avrebbero dovuto essere sorpresi. La Turchia non coopererà con gli Stati Uniti se l'oggetto della cooperazione è un altro stato musulmano - a meno che quello Stato musulmano non sia un nemico giurato della Turchia. La Turchia vuole entrare in Europa, e ha già dimostrato quanto può diventare prepotente per ottenere questo obiettivo. Il governo Americano continua a vedere la Turchia non come è adesso, ma come era, o come si era immaginato che fosse, cinquant'anni fa, quando il kemalismo era incontrastato. L’Islam continua a ritornare, e le "riforme" richieste dalla UE aiutano solo Erdogan ad indebolire il potere dell'esercito Turco, e quindi a indebolire il potere di coloro che sono pronti a difendere il kemalismo con la forza. Se gli Stati Uniti sono impegnati solo in una "guerra al terrore", allora ovviamente non hanno motivi per opporsi all'ingresso della Turchia in Europa. Né hanno alcun motivo per opporsi alla futura islamizzazione dell'Europa, attraverso la Da'wa (la chiamata all’Islam) e la demografia, fintanto che che non venga utilizzato il terrorismo.
Ora, ancora una volta, gli Stati Uniti hanno cercato basi nei paesi musulmani. In Medio Oriente, hanno avuto successo con i piccoli Sceiccati - Kuwait e Qatar - perché quei paesi, date le loro dimensioni, vogliono una certa protezione dai potenziali bulli del quartiere, compresi l'Iran, l’Iraq e l’Arabia Saudita. Ma non stanno assolutamente riducendo gli atteggiamenti anti-infedeli. Il Qatar, per esempio, è la sede di Al-Jazeera, un distributore di propaganda per i musulmani Arabi, responsabile, mediante le sue assurdità e le sue falsità, della morte di molti militari americani. Ma al Qatar non è mai stato detto che deve chiudere Al-Jazeera, anche se, senza gli Stati Uniti, il Qatar potrebbe essere oggetto di aggressione da parte dei paesi musulmani più grandi.
L’Islam continua ad essere frainteso da molti nel governo Americano. Anche i generali Americani con esperienza diretta del Medio Oriente, che si presume abbiano guardato sotto la superficie della apologetica offerta dagli interlocutori locali, sono stati ingannati. In Iraq si identifica il problema come i “jihadisti salafiti”, che non è certo tutta la verità. L’Islam stesso, e non le credenze dei "jihadisti salafiti”, spiega l’ostilità, altrimenti inspiegabile, della maggior parte degli iracheni verso gli infedeli Americani che li hanno salvati da un regime mostruoso, e che ora chiedono solo che gli sia consentito di sommergere gli Iracheni di beni e servizi. Quando un altro generale, distribuisce libri sull'Islam ai suoi ufficiali, libri scritti dai più fuorvianti e palesi apologeti, come Karen Armstrong e John Esposito, uno si allarma. A quanto pare il governo Americano non ha ancora deciso di esercitare un controllo critico su ciò che l'Islam insegna, e su ciò che i suoi seguaci credono.
Adesso, però, il problema è la politica del vincere i "cuori e le menti" dei musulmani "moderati". Non riconoscendo che il problema è proprio l’Islam, e non solamente una sua parte, si alimentano false speranze, e si sprecano risorse. Il denaro viene riversato sui paesi musulmani (compreso l'Iraq). Gli Stati Uniti sentono il bisogno di dover continuamente dimostrare ai musulmani di non essere “anti-musulmani” e che questa è veramente solo una guerra al terrorismo, un modo particolare di combattere la Jihad, una parola che il governo Americano è restìo ad usare. Ma il terrorismo non è né il principale, né il più efficace strumento della Jihad. Guerra convenzionale, guerra economica, propaganda, Da’wa (proselitismo) e demografia sono tutti mezzi molto più utili. Oltre al gigantesco trasferimento di ricchezza alle nazioni dell’OPEC, in maggioranza musulmane, gli Stati musulmani che non dispongono delle ricchezze del petrolio (e anche alcuni che ne dispongono, come l'Iraq), riescono ad estrarre la “jizya” come una specie di aiuto estero, che siano gli Stati del Maghreb corrotti dalla Francia (e ultimamente dalla Spagna) per trattenere a casa loro le loro popolazioni, o che siano gli aiuti Americani a Egitto, Giordania e Pakistan. Le enormi somme recentemente inviate dagli Stati Uniti in Indonesia dopo lo tsunami, per esempio, sono state spesso descritte come una “occasione di mostrare ai musulmani che non siamo contro di loro." Ma questo è esattamente il modo sbagliato di esprimersi. Dà ai musulmani proprio l'idea sbagliata - che sia possibile approfittarsi di, appellarsi a, avvantaggiarsi costantemente con, la nostra errata interpretazione della situazione. Gli Stati Uniti non hanno alcun bisogno di dimostrare la loro buona volontà verso i musulmani. Esprimere una tale sentita necessità è semplicemente segnalare la nostra ingenuità e la nostra disponibilità ad essere ulteriormente sfruttati. Il governo Americano ha aiutato e salvato i musulmani più e più volte.
E non ha senso rappresentare la politica Americana come "unilateralmente pro-Israele" (benché, se la storia del territorio e la natura dell'Islam fossero sufficientemente comprese, dovrebbe essere così). Nel 1948 gli americani imposero un embargo totale sulle armi per tutti i contendenti; gli eserciti di Egitto, Iraq e Giordania, ben equipaggiati, e anche riforniti, dagli Inglesi, sono stati i più efficaci contro gli Israeliani, che avevano solo una manciata di armi leggere, e alla fine ottennero cinque logori bimotori Messerschmitt usati dai Cecoslovacchi. Nel 1956 John Foster Dulles fece pressione su Israele per cedere il Sinai in cambio di alcune promesse inconsistenti di Nasser. Nel maggio del 1967, proprio come la Gran Bretagna e la Francia, gli Stati Uniti non riuscirono a "localizzare" i documenti con cui era stato "garantito" di mantenere aperto lo stretto di Tiran. Nel 1973, Henry Kissinger impedì ad Ariel Sharon di distruggere la Terza Armata Egiziana, che aveva circondato. Nel 1979, Carter e Brzezinski, il primo dei quali si era lamentato di essere “stanco e stufo di sentir parlare dell’Olocausto”, fecero pressioni spietate su Begin per accordare concessione dopo concessione al tanto idolatrato Sadat. Il governo Americano in seguito non ha fatto nulla quando l'Egitto, dopo aver intascato l'intero Sinai, evitò di rispettare uno qualsiasi dei suoi impegni solenni degli Accordi di Camp David. La farsa di Oslo, tra cui frequenti incontri di Carter con Arafat, la cui natura avrebbe dovuto essere valutata molto tempo prima, continuò - e ancora continua, nella proposta di "soluzione dei due Stati." Tuttavia, a seguito della ripetizione continua che "l'America è ingiusta “, gli Arabi sono riusciti a mettere alcuni politici americani in una posizione in cui ritengono di dover fare ancora di più per “guadagnarsi l’approvazione degli Arabi ".
Inoltre, il salvataggio Americano dei musulmani in Bosnia e Kosovo – e la generale indifferenza Americana per le paure Serbe di Izetbegovic, le cui l’intenzioni dichiarate di ripristinare il dominio musulmano e imporre la Shari'a, erano state completamente ignorate dalla stampa e dalla televisione Americane – e le grandi quantità di aiuti che l’America ha consegnato ai paesi musulmani, fra cui oltre 65 miliardi di dollari all’Egitto, un paese dove il 98% per cento della popolazione dichiara di disprezzare o di odiare l'America, si sono dimostrati essere una "jizya" - la tassa islamica imposta agli infedeli - che siamo incapaci di eliminare, tanta è la paura di inimicarci gente che, a causa dell'Islam, ci rimane sempre ostile. Infatti, ci sono un sacco di prove che, quando sono trattati non con gentilezza, ma duramente, dagli infedeli, i musulmani hanno reagito diventando, anche se solo temporaneamente, un po' più gentili. La frase inglese coniata per descrivere gli Arabi musulmani era rude - “O sono ai tuoi piedi, o sono alla tua gola.” Ma era molto accurata.
II. Una Lezione da Humpty-Dumpty (sezione F)
Edward Said: Orientalism; Ibn Warraq: Defending the West
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Oltre alla attenta distribuzione di soldi del petrolio Arabo, si verificò un altro fenomeno, questo proveniente non dai plutocrati d'Arabia, ma dall’immaginaria scuola anti-imperialista e quindi, naturalmente, anti-occidentale. Cominciò con Edward Said, che non era né un esperto di Islam e neppure musulmano. Ma come Arabo, sentiva che la sua “Arabezza” (o la sua “Arabità” o la sua “Arabicità”, o il suo “Arabismo”, tutte orribili traduzioni dell’orribile parola originale: “Arabness”; N.d.T.) gli garantiva una innata comprensione dell’Islam, e lui, a differenza dei Maroniti e dei Copti, ma come molti “palestinesi” Arabi, fu lesto a identificarsi con, e a promuovere, l'Islam e la visione islamica del mondo. Questa visione del mondo si adattava - in effetti, spiegava - l'opposizione Araba allo stato infedele d'Israele, anche se, al mondo Occidentale non musulmano, furono offerte giustificazioni plausibili molto diverse. L’Orientalismo di Said era, come lo definì Ibn Warraq, un atto di "teppismo intellettuale". Said dispiegò tutta la sua personale abilità critica, e un uso del tutto improprio dei fatti, per mettere in discussione la profonda cultura e la meticolosa conoscenza di generazioni di orientalisti Occidentali. Ciò che scatenò le sue accuse, senza dubbio, fu che i bersagli della sua furia avevano capito fin troppo bene i principi e la storia dell'Islam, e avevano scritto le loro opere accademiche troppo lucidamente, in quanto svisceravano le principali caratteristiche della conquista della Jihad islamica e del trattamento dei non-musulmani. Said si rese conto che questa conoscenza era pericolosa, sia per la sua personale ”causa palestinese", sia per gli Arabi e i musulmani in generale. Era deciso a bloccarla. Egli, di suo, non poteva offrire alcuna erudizione. Non è mai stato uno studioso né un esperto di Islam. Non ha mai dimostrato ai lettori per quali motivi, per esempio, Ignaz Goldziher o Snouck Hurgronje o Leone Caetani o Arthur Jeffery o Joseph Schacht fossero imprecisi o prevenuti. Non una parola, non una frase, non un paragrafo. Ha accennato, ha frainteso, ha “contestualizzato”, ha fulminato, ma non ha mai fornito alcuna prova che gli orientalisti occidentali lavorassero praticamente per i loro rispettivi uffici coloniali. Said ha inoltre sostenuto che questi studiosi, la maggior parte dei quali erano annoverati tra gli autori più dotti, meno emotivi e senza fronzoli, raffigurarono gli Arabi come “fanatici”, “sensuali” e come esempi di ogni vizio immaginabile. Così facendo, ha spesso accantonato importantissimi lavori come “Un Resoconto degli Usi e Costumi degli Egiziani Moderni” di Edward Lane. Said era anche altamente selettivo; oltre il 95% dei più importanti orientalisti occidentali non solo non furono mai discussi nel suo Orientalismo, ma non ricevettero mai neppure una menzione passeggera.
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Ignaz Goldziher; Snouck Hurgronje; Leone Caetani; Arthur Jeffery; Joseph Schacht
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Edward Lane nel 1825, nel 1835 (autoritratti) e nel 1863; An Account of the Manners and Customs of the Modern Egyptians; Arabic–English Lexicon
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Infatti, mentre Said insisteva che il mondo Occidentale aveva rappresentato gli Arabi e i musulmani in un modo troppo ingiusto, si potrebbe sostenere che l'affermazione è vera, ma in modo opposto a quello inteso da lui. Negli ultimi due secoli, in cui gli Arabi musulmani sono stati erroneamente rappresentati, l’errore è stato assolutamente a loro vantaggio. Basti pensare solo all’esotismo seducente dei dipinti del Nord Africa, e ai versi orientalizzanti del periodo romantico, da "Abou Ben Adhem" di Leigh Hunt (l’umile Arabo il cui nome, nella lista di Dio “precedeva tutti gli altri”), agli appassionati Persiani in "Lalla Rookh"”di Tom Moore, e nel XX secolo, al bieco sceicco dell’Arabia, Rodolfo Valentino, e a una serie di canti popolari e di fumetti che hanno trattato l'Oriente musulmano non come temibile, ma come piacevole. L'elenco dei temi per l'Hasty Pudding Theatricals ad Harvard [la società filodrammatica degli studenti di Harward, N.d.T], una utile guida di quanto solleticava la fantasia delle classi superiori Americane, negli anni 1920 e 1930 era pieno di argomenti arabici, con cammelli, palme da dattero, e divertenti Arabi, rappresentati spesso come spassosi, ma mai come pieni di odio, isterici, o assassini, come Said vorrebbe farci credere.
James Henry Leigh Hunt (1784 - 1859), Thomas Moore (1779 – 1852), Rodolfo Valentino (1895 – 1926) in “Lo sceicco” (1921)
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Per tutto questo periodo, da circa il 1940 alla fine del 1970, l’ARAMCO, come il principale mercenario Saudita così come il principale beneficiario delle concessioni petrolifere, tenne gli Americani amabilmente all’oscuro della natura del regime dell'Arabia Saudita e del suo popolo. Tutte quelle recenti allarmanti scoperte delle orrende cose scritte nei libri di testo Sauditi, studiate a memoria nelle madrase Saudite, fatte oggetto di sermoni nelle moschee Saudite, avrebbero potuto essere rese note dieci, o trenta, o cinquanta anni fa. Che queste scoperte non siano state fatte allora, e che molti Americani in Arabia Saudita abbiano lavorato per decenni senza scoprire la verità sul paese, o se per caso ci inciamparono sopra, non si siano mai preoccupati di condividerla con un pubblico più vasto, ci dice qualcosa. Ci dice qualcosa sulla mancanza di curiosità dei giornalisti Americani e sul ruolo del governo nel promuovere particolari immagini di alcuni paesi stranieri, immagini che possono non avere alcuna relazione con la realtà, ma che sostengono una politica o delle convinzioni predeterminate - in questo caso, la convinzione che, poiché l'Islam era un "baluardo" contro il Comunismo, i Sauditi dovevano essere, in realtà, meravigliosi alleati dell'America.
Said non ha contestato uomini molto diversi e fuori del comune che ha affastellato, unicamente per denunciarli, in modo semplicistico, come Orientalisti, e non l’ha fatto perché non poteva farlo. Quello che poteva fare era ripetere la sua tesi: che l'intera storia degli studi occidentali sull’Oriente musulmano fu sempre e solo al servizio dell’imperialismo. Bernard Lewis ha sottolineato che lo studio delle lingue e della storia dell’Oriente musulmano cominciò in Occidente, secoli prima dello "imperialismo" occidentale, e che molti dei più grandi orientalisti erano di paesi che non avevano alcun rapporto con le imprese “imperialiste” occidentali in Nord Africa e in Medio Oriente; Lewis ha inoltre fatto notare alcuni degli strafalcioni tipici di Said, sia storici che filologici. Per quanto riguarda l’aspetto storico, ci fu l'affermazione bizzarra di Said che Bisanzio cadde sotto il dominio dell’Islam prima della Spagna, mentre invece Bisanzio fu islamizzato sette secoli dopo. Per quanto riguarda invece l’aspetto filologico, ci fu la furia di Said perché, nella sobria disquisizione di Lewis sul sostantivo arabo "Thawra", una parola che dal XIX secolo è stata utilizzata in Arabo col significato di "rivoluzione", Lewis aveva cominciato con un breve sguardo ai significati di base della radice araba da cui è stato tratto e inserì quanto segue: “La radice TH-W-R in arabo classico significava ‘rizzarsi’ (per esempio, di un cammello), o ‘essere agitato o eccitato’, e da qui, soprattutto nell’uso Magrebino, anche ‘ribellarsi’”. Said trovò che questa menzione di un cammello fosse, come osserva Lewis, una "complicata, ostile, e del tutto assurda interpretazione" che fu arbitrariamente forzata – con abbondanti sottintesi sessuali - "in una definizione lessicale di una radice Araba” citata "dai dizionari Arabi classici”. La completa risposta ai vituperi isterici di Said offre un esempio memorabile del miglior Lewis nel suo stilesuaviter-in-modo, e lo si ammira particolarmente nella nota 6 del suo "La questione dell'Orientalismo."
Bernard Lewis
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Importanti storici dell’Oriente e dell’Islam devono essere stati completamente d’accordo con l'insigne storico Britannico dell'India, Clive Dewey, quando alcuni anni fa ha descritto la quintessenza dell’Orientalismo:
Appena l’Orientalismo di Edward Said apparve nel 1978, ogni storico, uno dopo l’altro, deve averlo immediatamente chiuso senza finirlo - senza immaginare, per un solo istante, l'influenza che avrebbe esercitato. Tecnicamente, era pessimo sotto ogni aspetto: nell’uso delle fonti, nelle sue deduzioni, e mancava di rigore e di equilibrio. Il risultato fu una caricatura del sapere occidentale sull’Oriente, sfacciatamente derivato da un preciso orientamento politico. Ma evidentemente si inserì in una profonda vena di pregiudizi triviali che scorreva nell’Accademia Americana.
Quella "vena di pregiudizii triviali” è ora la principale arteria della vita accademica Occidentale, che non pompa sangue, ma il veleno del risentimento, reso permanente da quella parola-senza-fine di "postcolonialismo" (ma il tempo, anche il tempo “post-coloniale”, dovrebbe avere un termine) presso avventati studenti che hanno precocemente subito il lavaggio del cervello. Alcuni non riusciranno mai ad imparare ad esaminare le prove, non riusciranno mai a pensare da soli.
Said inoltre ha costituito un “piano per l’occupazione”, perché le implicazioni di ciò che ha detto, significavano che ci si poteva fidare solo di coloro che erano essi stessi "vittime" di (Scegliere una opzione qualsiasi tra le seguenti): colonialismo, post-colonialismo, imperialismo, sionismo, l'Impero Americano. Un musulmano Arabo, nativo di Baghdad, per esempio, in forza di questo solo fatto, sarebbe in possesso di una conoscenza e di una comprensione dei manufatti di 3000 anni fa dell’antica Mesopotamia che, ovviamente, è negata a studiosi occidentali, non indigeni, del calibro di Sabatino Moscati, Leo Oppenheim, e Henri Frankfort, anche se né l’Italia, né la Germania né la Francia furono potenze coloniali in Iraq. A questa erudizione sulla civiltà mesopotamica del 3000 aC dei nativi di Bagdad si consente, nella logica pazza, ma alla moda, di questo nostro tempo, di avere maggiore peso di quella di questi tre, perché non è macchiata dal Peccato Originale di essere legata a "colonialismo, post-colonialismo, imperialismo, sionismo, l'Impero Americano". (Anche in questo caso, sceglierne uno qualsiasi).
Sabatino Moscati, Henri Frankfort
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Libro dopo libro, una enorme quantità di libri è stata sfornata dai membri dell’Associazione per gli Studi del Medio Oriente (MESA) del Nord America, ma quando si giunge alla politica dell’Islam Arabo, solo pochissimi non diventano rapidamente obsoleti. Quanti libri, sulla “Creazione dell’identità palestinese” o ”Agricoltura in Tunisia, 1870-1913" oppure “Segregazione mobile: il velo e il nuovo femminismo musulmano" ora si impolverano su scaffali scricchiolanti, libri che né gli stessi autori, né nessun altro, vorrebbe leggere? Nel frattempo, gli studi islamici di Schacht, Margoliouth, Jeffery, Goldziher e Lammens non sono assolutamente antiquati, ma, scritti magnificamente e lucidamente, su temi significativi della storia dell'Islam, conservano il loro valore e trascendono la loro età. Gli scaffali scricchiolano sotto il peso di decenni di studi, attualmente stravaganti e assolutamente demodè, su "Lo Sviluppo del Nazionalismo Arabo”, in Libia, Tunisia, Egitto, Marocco, Libano, Iraq, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Siria, Libano, Algeria, ecc, tutti studi che non collegano mai il “Nazionalismo Arabo” all’Islam, che non interpretano mai il primo semplicemente come un più modesto sottoinsieme del secondo, enfatizzando l'idea della supremazia Araba sia all'interno dei territori dominati dagli Arabi (dove ì non-Arabi, come i Copti, i Maroniti e i Caldei, costantemente si riducono in popolazione, influenza, e significato). Per decenni sono stati sfornati cumuli di libri che riescono a trascurare del tutto, o di oscurare il permanente e travolgente ruolo dell'Islam nella vita e nella mentalità degli Arabi musulmani, e anche tra alcuni Arabi “islamo-cristiani” il cui senso di “Arabezza” (o “Arabità” o “Arabicità”, o “Arabismo”, tutte orribili traduzioni dell’orribile parola originale: “Arabness”; N.d.T.) è indissolubilmente legato all'Islam.
Margaret Mead, Laurence Wylie
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Ma ora il “Nazionalismo Arabo” può essere visto sia come un fenomeno transitorio, sia come un sottoinsieme di, piuttosto che una opposizione a, i tradizionali suggerimenti del pan-islamismo. Perché il "pan-arabismo" è stato la versione precedente, pre-OPEC, di quel “pan-islamismo” che pochi Arabi musulmani, ad eccezione della più fervente scuola dei Fratelli Musulmani, hanno osato sognare, negli anni ’40 e ’50 ed anche ’60. Ora che quegli studi sul “Nazionalismo Arabo” hanno fatto il loro corso, l'ultima variante dei modi per evitare di parlare di Islam sono stati gli “studi culturali” alla moda, con festival cinematografici, e giovani accademici che vivono con i beduini in Egitto o nel deserto Libico, o con i membri di una tribù Yemenita. Ciò tende a produrre opere che sono un incrocio tra il puramente antropologico, come i “riti della pubertà” di Margaret Mead a Samoa e l'apprezzamento di un “estraneo” che cerca di penetrare sotto la superficie delle cose come fece Laurence Wylie in Village in the Vaucluse, ma à l'arabe, con una versione aggiornata dell’adorazione Laurenziana dei volti incartapecoriti, bruciati dal sole e segnati dalle intemperie, con la cerimonia rituale del caffè zarf-e-kinjan, il piacere di un nargileh, o pipa gorgogliante, offerto in un caffè del Cairo e, naturalmente, il deserto Arabico, i destrieri arabi, il latte di cammello e le verità eterne evocate dal cielo notturno d'Arabia. Ma quei pittoreschi beduini analfabeti non forniscono alcuna comprensione di ciò che quelli di Falluja o Baghdad, o Riyadh, o Il Cairo, o Algeri, o Gaza, provano, leggono, dibattono, quando leggono o parlano di Islam. E a meno che non si possa esercitare la propria immaginazione o anche la propria simpatia, è facile perdere di vista l’argomento più importante di tutti - l’Islam, e l’opinione sugli infedeli che esso promuove.
Tradotto e illustrato da Paolo Mantellini
Hugh Fitzgerald è il Vice Presidente del Consiglio Direttivo di Jihad Watch
Questo testo può essere trasmesso o inoltrato purché venga presentato in forma integrale e con informazioni complete sul suo autore, data e luogo di pubblicazione e URL originale.
Quando io uso una parola, significa proprio quello che ho scelto che significhi, né più, né meno.
III. Amici Privilegiati (sezione A)
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All'inizio del 20° secolo, il mondo islamico non era solo debole e allo sbando, ma la sua debolezza e la sua confusione non potevano essere nascoste alla vista dei musulmani più colti e attenti. Avevano avuto contatti con gli Europei; alcuni di loro avevano viaggiato, e potevano confrontare personalmente il progresso politico, economico, intellettuale e sociale dell’Europa, con quello che vedevano nell'Impero Ottomano, o in altre terre in cui vivevano i musulmani. Alcune di queste persone si convinsero che l'Islam doveva essere "riformato". Infatti, il punto più alto raggiunto dall’idea di una "riforma" islamica - come fu in realtà - è stato il periodo 1900-1930, quando le società islamiche non possedevano quelle ricchezze petrolifere, del tutto fortuite, per nascondere i loro fallimenti, e per acquistare i servizi di diplomatici, funzionari governativi, uomini d'affari, giornalisti e accademici occidentali per sfornare un flusso costante di propaganda che circuì il vasto pubblico non musulmano, e riuscì a giocare su diffusi risentimenti e sul senso di vittimismo e di autocommiserazione (un vittimismo molto sentito dai musulmani perché, nella loro struttura mentale, gli era stato inculcato che era giusto e necessario per l'Islam e per i musulmani, dominare e governare, e così qualsiasi deviazione da quella posizione a loro dovuta, non sembrava semplicemente sbagliata, ma contro il corretto ordine dell’universo).
Su formò una manciata di soi-disant [sedicenti, in Francese nell’originale, N.d.T.] "riformatori" musulmani, e si rendevano conto, come fanno alcuni di coloro che pretendono oggi di essere all’apice della riforma, che la parola "Jihad" era un problema. Quando questi "riformatori" si rivolgevano a potenti non-musulmani, della cui benevolenza avevano bisogno, negarono che "Jihad" significasse qualcosa di simile a guerra aggressiva. E quando cercarono di convincere altri musulmani che "qualcosa" doveva essere fatto, negarono ancora che la parola "Jihad" significasse ciò che i musulmani hanno sempre accettato che la parola significasse. Nonostante più di 1200 anni di evidenza testuale, e la dimostrazione del comportamento musulmano causato da, e basato su, questa evidenza testuale, questi "riformatori" hanno offerto la tesi che il significato primario di "Jihad" fosse una "lotta spirituale." Infatti, lo sceicco Muhammad Rida sostenne che furono i non-musulmani i responsabili della definizione aggressiva e militante della parola. Definendo con assoluta certezza "Jihad" come una “lotta spirituale", Rida sostenne, che altri, gli infedeli, avevano fornito ai musulmani una interpretazione errata di una loro parola.
Vi è senza dubbio una sensazione, se non una convinzione, tra molti Occidentali, che un musulmano considera un dovere vincolante in base al comando letterale del Corano, di uccidere tutti i miscredenti che gli capiti di incontrare, una volta che sia stata proclamata la Jihad. Lo Sceicco Rida riconosce che questa concezione del dovere di un musulmano durante la Jihad può essere stata presente in passato, e può anche essere comune ora tra i musulmani ignoranti o meno istruiti, ma lui afferma che gran parte di questa sensazione è stata il risultato del mescolarsi con gli stranieri (non-musulmani), che hanno avuto una idea errata di ciò che i musulmani intendevano come Jihad, e che l’idea sbagliata di questi non-musulmani si è insinuata nella mente dei Musulmani, e ha quindi dato un evidente sostegno alla convinzione che questo è realmente un concetto maomettano del dovere di ognuno durante la Jihad.
Dobbiamo sottolineare qui che è proprio perché questa concezione del dovere di un 'credente' in tempo di Jihad è, di fatto, la credenza comune dei musulmani ignoranti (come ammette lo stesso sceicco, e in pratica, non ha importanza come sia sorta), e perché i musulmani ignoranti costituiscono la parte maggiore della popolazione in qualsiasi terra maomettana, che i sottoposti e i residenti non-musulmani in qualsiasi territorio dominato dall’islàm hanno cominciato a temere la parola “Jihad”, e ad appellarsi ai più illuminati perché la usassero con attenzione. Perché sanno che, in qualsiasi modo possa essere utilizzata dagli scrittori istruiti, la gente comune la interpreta come aggressione ai non-musulmani, e crede che sia suo preciso dovere distruggere il maggior numero possibile di questi miscredenti. Inoltre, sanno bene quanto sia facile per una folla ignorante sfuggire di mano, specialmente quando, a torto o a ragione, ritenga che qualsiasi azione che ha come obbiettivo la gloria di Dio e la migliore realizzazione della vera religione, sarebbe considerata da coloro che hanno autorità, con un occhio indulgente, se non con reale simpatia ... Perché la questione di cosa è la Jihad non può essere risolta solo con riferimenti alla etimologia della parola Jihad. Il Corano insegna chiaramente in molti passaggi, nonostante le pretese formulate da Chiragh Ali, il dovere di combattere per la fede o ’sulla via di Dio', utilizzando la parola qatala, e Al Zamakhshary ... dice ‘Combattere sulla via di Dio è Jihad per la glorificazione della Sua Parola e per il rafforzamento della Religione’. E qualunque sia il significato etimologico della parola Jihad, non si può negare il fatto che a volte è usata nel Corano, nel senso di azioni belliche, una guerra nell’interesse della fede ... La guerra per l'estensione dello stato islamico è anch’essa Jihad? Nel considerare questo punto, non troviamo molta chiarezza negli scritti degli autori musulmani più recenti, come quelli che abbiamo menzionato. Essi semplicemente negano che sia un principio dell’Islam che la Jihad possa intendere guerre di aggressione. Negando questo, essi non dimostrano nulla ... Poiché quello che stiamo considerando è ciò che l’islàm è ed è stato, cioè ciò che l’islàm ortodosso insegna a proposito della Jihad, fondando la sua dottrina su una sicura e definita interpretazione di quei passaggi del Corano che parlano della Jihad. Fino a quando le concezioni più recenti, riguardo ciò che il Corano insegna a proposito degli obblighi del credente nei confronti dei non credenti, non si siano ulteriormente diffuse e più in generale, abbiano fatto lievitare e maturare la massa delle credenze e delle opinioni dei musulmani, è il punto di vista più vecchio e ortodosso su tale questione che deve essere considerato da parte dei non-musulmani come rappresentativo degli insegnamenti islamici e come guida delle azioni dei musulmani. Possiamo simpatizzare fortemente con le idee più nuove ... possiamo sperare che chi avanza queste idee possa riuscire a farle accettare dalla generalità dei musulmani; ma ... è solo la concezione ortodossa più antica e più stringente della dottrina di Maometto che possiamo ancora considerare come rappresentativa della teoria e della pratica dell'Islam in materia di Jihad sulla questione della guerra di aggressione. E le parole di ... Chiragh Ali sono tali che non abbiamo bisogno di perdere tempo nel cercare di dimostrare che l’islàm ortodosso ritiene e insegna che, secondo il Corano, la Jihad è, per sua natura, aggressiva. Citiamo ancora le sue parole: ' L’Ordinamento Giuridico islamico è sbagliato su questo punto, cioè quando permette che i non credenti siano aggrediti senza provocazione’. Dobbiamo allora considerare come dimostrata l'affermazione che l’Ordinamento Giuridico islamico consente che i non credenti siano aggrediti senza provocazione ...
Moslem World [Mondo Musulmano] (Vol, 2, 1912, pp 348-349)
III. Amici Privilegiati (sezione B)
(Fonte)
Nel trattare con le frasi dei "riformatori" musulmani bisogna rendersi conto di ciò che realizzarono. Dovevano sempre utilizzare un linguaggio che, pur risultando gradito ai potenti non-musulmani, e ottenendo anche la loro approvazione, potesse anche essere utilizzato per conquistare i musulmani - ma al tempo stesso, ci sarebbe dovuta sempre essere una scappatoia verbale. In questo caso, è la frase "senza provocazione." Sicuramente, avrebbe risposto qualche interlocutore musulmano, Chirargh Ali non avrebbe mai suggerito che Maometto, il migliore degli uomini, al-Insan al-Kamil, e un modello per tutti i credenti per tutti i tempi, wswa hasana, non avrebbe potuto aver fatto qualcosa di sbagliato o dubbio nella sua vita. Se attaccò gli agricoltori Ebrei di Khaybar, devono in qualche modo aver provocato questo avvenimento; una provocazione avrebbe dovuto essere trovata in un modo o nell’altro, anche se consisteva solo nel loro essere imparentati ad altri che si erano opposti a Maometto e all’Islàm. E’ semplicemente troppo facile interpretare come giustificabile qualsiasi azione compiuta dai musulmani. Donne e bambini sono uccisi dai terroristi suicidi? Bene, le donne danno alla luce bambini, e i bambini crescono e diventano adulti e da adulti diventano soldati e si oppongono alle forze della Jihad, così eliminare quei soldati quando sono ancora bambini, e uccidere chi può produrre altri bambini, può essere giustificato. Chirargh Ali e altri "riformatori" ebbero il loro breve momento di gloria; molti di loro si scoraggiarono; nessuno di loro ha trovato il modo di convincere più di una manciata di persone che l'Islam aveva bisogno di essere riformato, e di certo nessuno di loro ha suggerito un metodo realizzabile, sia per modificare i testi canonici, che per persuadere le masse musulmane che tali modifiche devono essere accettate.
"il privilegio di diventare una minoranza protetta attraverso un atto di dhimmitudine è stato concesso soltanto ai seguaci di un profeta al quale fosse stato rivelato un libro sacro".
Nel definire la dhimmitudine" come il "privilegio di diventare una minoranza protetta" il Dr. Ihsanoglu ha fatto del suo meglio. Ma quelli che sono così preoccupati dell'immagine pubblica dell'Islam e dei musulmani, si rendono conto che questa non deve essere lasciata esclusivamente alla NPR, o alla BBC, o a Le Monde; noi tutti dobbiamo dare una mano e fare la nostra parte. Sarebbe meglio se il termine “dhimmi” fosse del tutto eliminato. La parola disturba gli infedeli, e neppure avvantaggia in alcun modo i musulmani.
Fonte
Invece di "dhimmi", perché non li chiamiamo "amici privilegiati”?
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Most Western societies are based on Secular Democracy, which itself is based on the concept that the open marketplace of ideas leads to the optimum government. Whilst that model has been very successful, it has defects. The 4 Freedoms address 4 of the principal vulnerabilities, and gives corrections to them.
At the moment, one of the main actors exploiting these defects, is Islam, so this site pays particular attention to that threat.
Islam, operating at the micro and macro levels, is unstoppable by individuals, hence: "It takes a nation to protect the nation". There is not enough time to fight all its attacks, nor to read them nor even to record them. So the members of 4F try to curate a representative subset of these events.
We need to capture this information before it is removed. The site already contains sufficient information to cover most issues, but our members add further updates when possible.
We hope that free nations will wake up to stop the threat, and force the separation of (Islamic) Church and State. This will also allow moderate Muslims to escape from their totalitarian political system.
These 4 freedoms are designed to close 4 vulnerabilities in Secular Democracy, by making them SP or Self-Protecting (see Hobbes's first law of nature). But Democracy also requires - in addition to the standard divisions of Executive, Legislature & Judiciary - a fourth body, Protector of the Open Society (POS), to monitor all its vulnerabilities (see also Popper).
1. SP Freedom of Speech
Any speech is allowed - except that advocating the end of these freedoms
2. SP Freedom of Election
Any party is allowed - except one advocating the end of these freedoms
3. SP Freedom from Voter Importation
Immigration is allowed - except where that changes the political demography (this is electoral fraud)
4. SP Freedom from Debt
The Central Bank is allowed to create debt - except where that debt burden can pass across a generation (25 years).
An additional Freedom from Religion is deducible if the law is applied equally to everyone:
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